Roma.
Se hai voglia di staccare un po’ dalla città e rifugiarti in un posto solo tuo vai a Villa Borghese, scendi alla “Valle dei cani”, scegliti un albero, uno dei grandi platani orientali, e sali su un ramo. Io lo facevo da ragazzino, avevo il mio albero cui avevo dato un nome, salivo su un ramo e mi mettevo a leggere, a contagiarmi di natura, a far spaziare la mente in quel vuoto che è sempre più difficile da trovare, e da affrontare. A volte sul ramo ci portavo una persona vicina a me e ai miei pensieri, tipo la mia cugina milanese. Per me la “Valle dei cani” è ancora questo, è l’albero su cui salgo, il cuore pulsante di Villa Borghese. In realtà Villa Borghese ha tanti cuori pulsanti, tanti luoghi imbevuti di energia e storia dove il turista o il romano arrivano, a volte distrattamente per caso, attratti da qualcosa: la Valle dei cani, il Pincio, Piazza di Siena, il Giardino del Lago, la Casina Valadier, il Cinema dei Piccoli, il Teatro dei burattini San Carlino. In tutti questi luoghi puoi imbatterti in uno spazio/vuoto evocativo che spesso rivela una presenza passata, anche appena passata, o rimanere colpito da un gesto o da una postura inondati dalla luce, da una scena di solitudine o da un “intruso” che sembra rovinare l’armonia di un paesaggio, ma che, sorprendentemente, lo completa come l’ultima pennellata di un pittore. E poi ci sono i pini, ovunque, che sono le sentinelle, i testimoni quasi impassibili degli uomini e delle cose, che prendono la voce dal vento e si colorano di tante sfumature diverse, a seconda dell’ora del giorno o della stagione.